CHI

Alimentazione quotidiana e alimentazione festiva a Castelluccio di Norcia
Lavorazione del Maiale

Ogni famiglia a Castelluccio possedeva un maiale, o più di uno, che veniva macellato dal mese di ottobre in poi e che rappresentava una larga fonte di sostentamento alimentare per un anno intero. La macellazione avveniva nelle case per opera di uomini non obbligatoriamente addetti al mestiere.

...il maiale se cominciava a ammazzà a novembre, a dicembre, ognuno c’aveva il suo, chi ce n’aveva uno, chi due, come bestiame ce n’era. L’ommini l’ammazzavano (Anna Perla)

...l’ammazzavano l’ommini in casa poi noi je aiutavamo, se ammazzavano de dicembre. Chiamavamo uno che era pratico, perché l’ommini stavano fori, in transumanza (Caterina Cappelli)

...non solo io, tutti l’ommini che rimanevano su l’inverno erano attivi pe fa sta cosa, annavano pe le case e ammazzavano il maiale (Mario Coccia)

...noi ommini lo macellavamo noi il maiale, a novembre, quanno cominciava a fa freddo, a dicembre. Mica c’erano i congelatori, c’era qualche omo che lo faceva, sennò venivano pure da fori che lo macellavano, noi lo ammazzavamo e poi le donne lo lavoravano (Sirio Coccia)

...mi padre, mi padre faceva lu macellaro. Il maiale se ammazzava de dicembre (Maddalena Conti)

...allora, il maiale veniva un signore de lì, de Castelluccio che l’ammazzava, sempre verso novembre, ottobre (Eligia Testa)

...se incominciava a macellà a ottobre, fino là a gennaio, d’ottobre già era freddo, poi uno se arrangiava, non è che dice c’era uno proprio addetto a fa ste cose (Lucia Cappelli)

...il maiale chi lo ammazzava ?..ma nel paese rimaneva sempre una persona che se dedicava a questo lavoro, come un impiegato comunale oppure uno de questi de le confraternite sulla chiesa, tutte persone de una certa età. Quelli quattro, cinque ommini c’erano sempre sul paese, e questi qui ammazzavano li maiali pe tutte le famiglie del paese (Settimia Testa)

...c’erano degli ommini che remanevano a Castelluccio perché non tutti annavano a fa la transumanza. Allora ce rimaneva sempre qualcuno, qualche anziano, perché a Castelluccio dopo i cinquanta anni eri una persona anziana, non andavano più a Maremma, non annavano più co le bestie, allora ste persone te aiutavano a ammazzà il maiale, a fa partorì le mucche
(Giannina Argenti)

Il maiale per essere macellato doveva aver compiuto almeno un anno di vita, la carne infatti era più saporita.

...l’ammazzava chiunque capitava, no lu macellaro, se aiutava una famiglia co n’altra. Il maiale veniva macellato pe solito de dicembre o de gennaio, se comprava de primavera e s’ammazzava de dicembre, nemmeno un anno passava (Luca Bertoni)

...il convento aveva i maiali, noi li lavoravamo però per macellarli si chiamavano degli uomini, erano delle persone addette, esperte. Erano soprattutto i contadini che facevano questo lavoro, erano del posto. Il maiale si macellava prima di Natale, e infatti si diceva che il maiale doveva conoscere un solo Natale e cioè doveva avere un anno compiuto per essere macellato, solo così era più saporito (Suor Caterina Corona)

La macellazione del maiale era affidata agli uomini, la lavorazione della carne però era interamente gestita dalle donne. Era un lavoro, da quello che affermano le intervistate, impegnativo e faticoso, per questo era sempre svolto collettivamente tra vicine di casa o tra parenti.

...doppo je aiutavamo noi, quello ce lo spaccava e noi facevamo le sarsicce. Mica come mò che le mani ce l’avete ripotecate, che non sapete fa niente, si sete bone a legge, a scrive ste cose così, prima le femmine lavoravano
(Caterina Cappelli)

...noi donne prendevamo i budellini pe fa le sarsicce, macinavamo la carne, l’altro se metteva sotto sale (Benedetta Brandimarte)

...mi madre lo lavorava, le femmine, e veniva bono, facevamo le sarsicce, salami prociutti, tutto (Maddalena Conti)

...il maiale lo lavoravamo noi donne (Eligia Testa)

...poi il maiale lo lavoravamo noi donne, eravamo esperte a mette il sale, le spezie, facevi tutto a mano, no co le macchine, doppo li ce aiutavamo quattro, cinque donne (Settimia Testa)

...doppo le femmine facevano tutto da sé, insaccati tutto noi, quanno ce l’aveva spezzato a pezzi, facevi le sarsicce, le macinavi, lo lavoravamo noi donne, anche perché l’ommini stavano in transumanza. Doppo veniva una persona che sapeva fa li pezzi, e poi tutto le femmine (Lucia Cappelli)

...le donne tutto, però era un maiale, era poca fatica (Giannina Argenti)

...poi questi maiali li lavoravamo noi, senza macchine speciali, e si conservavano dentro al monastero, adesso ci sono i frigoriferi, ma una volta si mettevano a stagionare dentro le cantine (Suor Caterina Corona)

Dalle testimonianze delle intervistate è risultato che anche la preparazione delle salsicce era lunga e faticosa. L’intero procedimento era svolto a mano, con degli utensili simili alla mezzaluna o con l’aiuto di macchinette a manovella. Era sempre un lavoro collettivo di sole donne.

...le sarsicce facevamo, macinavamo la carne, se salavano, su la budella
(Caterina Cappelli)

...il giorno dopo se spezzava e se facevano le sarsicce co la mannaia, che è un affare con due manici, è come un cortello de ferro, però è bello alto, ce se batteva la carne, era una specie de mezzaluna, ce voleva tutta la nottata pe fa le sarsicce, ce voleva tanto tempo (Mario Coccia)

...la carne se doveva macinà co la machinetta a mano, mica c’erano le machinette elettriche, allora s’aiutavamo tre, quattro femmine insieme
(Anna Perla)

...tutta la notte a macinà, poi co le mano se metteva dentro a un imbuto pe mettela dentro a le budella del maiale. Questo lo facevano le donne, eravamo piccole quanno che dentro a le sarsicce ce va l’aria, allora dovevamo stà a piccà co l’ago e tante volte le dita, sa quante piccate, perché te veniva il sonno, eravamo regazzine (Erminia Pasqua)

....se lavorava co la macchinetta, prima prima se pijava la mannaia, quella che c’ha la lamina co due manichetti, mettevi sotto tutta la carne e poi la pistavi, ce voleva tanto, quanno la carne era fina la lasciavi. Ce voleva tutta la notte finchè non avevi finito a macinà la carne e a mottalle, poi le sarsicce le mettevi dentro a lu budello e piano, piano se faceva una roccia su una stanga, le facevamo lunghe le sarsicce, non erano allegate co lo spago
(Maddalena Conti)

...co le budella facevi le sarsicce, che però erano tutte de un pezzo poi, mi madre no, però noi cominciammo a falle legate. Doppo quanno che scappava sta sarsiccia je facevamo li buchi co l’ago, pe non falle crepà, perché sennò ce remaneva l’aria (Settimia Testa)

...poi dopo le sarsicce, facevamo tutto noi donne, ce stavano le machinette, se macinava la carne, se metteva tutta su un tavolone, se salava bene, se doveva maneggià bene. Poi se metteva su lu budello, però noi non le facevamo che se legavano, le facevamo tutte lunghe e se intorcinavano su la stanghetta, poi se mettevano a asciugà su le case (Eligia Testa)

La carne del maiale non poteva essere mangiata tutta e subito, una parte di essa subiva un’ulteriore lavorazione che prevedeva una conservazione più lunga. Sempre le donne, in piccoli gruppi, provvedevano alla sfumatura ed alla salatura di prosciutti, lonze, salami e lardo.

...se accenneva il foco su da una casa, se lasciavano sfumà otto giorni (le salsicce) poi se portavano giù le cantine e se magnavano durante l’inverno. Invece i prociutti se mettevano sotto sale per venticinque giorni, poi se toglievano e se facevano sfumà per quindici giorni, poi dopo se portavano giù la cantina fino a che non lo magnavi (Caterina Cappelli)

...li prociutti se lasciavano pe na mesata sotto sale, trentacinque giorni, il lardo quanto ce stava ce stava, perché quanno aveva preso il sale non se ne prendeva più, e veniva tutta più bona sta carne, doppo la levavi e l’affumicavi, je levavi il sale, poi li accondiscevi, ce mettevi il pepe, un po’ de aglio attorno all’osso, sennò ce annavano le mosche, pepe il saettino, un po’ de aglio. Doppo facevi lu salame uguale, dopo se metteva a salà i prociutti, il lardo, la pitturina, il guanciale (Maddalena Conti)

...allora il prociutto lo mettevi sotto sale, ce lo dovevi tenè per trenta giorni, un mese, le spalle un po’ de meno, una ventina de giorni. Prima non c’era il congelatore, non è che mettevi là le bistecche, allora la ventresca, la pancetta se metteva uguale a asciugà, quanno che te serviva, senza che l’annavi a comprà, bella asciutta col pepe, se salava bene, ne pijavi un pezzetto e ce cucinavi. Il lardo uguale, se facevano i pezzi del lardo e s’asciugava
(Eligia Testa)

...facevamo sfumà le sarsicce, una settimana se facevano seccà col fumo e se mantenevano fino a primavera. Col fumo che faceva lì dentro al locale non è come oggi che appena fatte se congelano, allora toccava sfumalle, falle asciugà bene, poi se appiccavano su la cantina e poi se annava a prende quella che te serviva (Sirio Coccia)

...l’affumicavamo pure, se appendeva, se lasciava pe quindici giorni, le sarsicce se lasciavano sfumicà e basta, doppo le orecchie se mettevano sotto sale e poi doppo se asciuccavano così, la ventresca, perché doppo te la remagnavi ogni tanto (Lucia Cappelli)

Del maiale non si buttava via niente, si mangiava tutto. La prima cosa che si guardava, una volta aperto, era lo strato di grasso che portava sotto la pelle ; il lardo infatti, nell’alimentazione di un tempo, sostituiva l’olio, condimento assai costoso.

...non se buttava niente del maiale, se buttava la cacca e l’occhi, il resto ce magnavamo tutto (Caterina Cappelli)

...non si buttava via niente, il lardo per esempio, sostituiva l’olio
(Suor Caterina Corona)

...allora se reccapezzava tutto il grasso, il lardo. Prima quanno che s’ammazzava il maiale, l’omo addetto te lo spaccava, per prima cosa se guardava il grasso, se misurava quanto lardo portava, perché poi lo usavi pe condimento (Settimia Testa)

Da quanto affermato nelle interviste, avere un maiale ricco di lardo era considerata una fortuna, la stessa razza di maiali che veniva allevata a Castelluccio aveva come caratteristica di accumulare grandi quantità di grasso.

...quanno uno aveva capito che c’aveva un maiale che portava tanto lardo, allora era bene, perché il lardo serviva pe cucinà, ce facevi un battuto che lo mettevi su le pietanze, l’olio se usava poco perché costava caro. Adesso il lardo se butta via, prima era la prima cosa che se guardava quanno che s’ammazzava il maiale (Benedetta Brandimarte)

...il lardo se adoperava tutto, allora c’era una razza de maiali che, no come questi qui, certa razza de maiali che mettevano tanto lardo, in modo che quanno li ammazzavi, che se paccava lì davanti e là dietro, che c’aveva quelle quattro dita de lardo se diceva "va quanto lardo porta", e allora era bono
(Riccardo Testa)

Le parti del maiale stagionate dovevano durare almeno un anno, fino al ritorno degli uomini dalla transumanza. A primavera, infatti, durante i lavori agricoli, il maiale rappresentava uno degli alimenti principali.

...doppo quello che remaneva se faceva asciugà tutto, il maialetto doveva abbastà pe tutto l’anno, che quanno era primavera che se seminava, che se lavorava sul campo se faceva da magnà per tutti quelli che annavano a lavorà giù (Settimia Testa)

...doppo le sarsicce venivano mangiate, ma poco pure, perché venivano mangiate adesso come se recominciavano li lavori, co l’andà in campagna, allora te portavi una sarsicciola, una striscia de pancetta, elle costarelle, le spuntature (Riccardo Testa)

...l’inverno del maiale ce mangiavamo piucchealtro le sarsicce, li farati, li sanguenacci, la pitturina, poi quanno che veniva maggio ce mangiavamo più sarsicce, quanno veniva luglio, agosto allora li salami, la lonza, le spalle perché se lavoravano i campi, e allora se dava da mangià all’operai, venivano da San Benedetto, da Ascoli (Maddalena Conti)

...questo maiale lo dovevi distribuire per tutto l’arco dell’anno, non è che se poteva mangià come se fa adesso in due, tre mesi. Allora il prociutto doveva bastà pe tutto l’anno. Quanno che retornavano li mariti, li fratelli, l’ommini da Maremma, a giugno dovevano trovà ancora le sarsicce, che se mangiavano sennò, non c’era altro (Giannina Argenti)

Dalle interviste risulta che la macellazione e la lavorazione del maiale erano momenti di unione, di aiuto reciproco fra parenti e vicini di casa. Appena ucciso il maiale si offrivano delle cene o dei pranzi come segno di gratitudine verso le persone che avevano collaborato.

...poi s’usava fare lu cenone, lo chiamavamo (Luca Bertoni)

...quanno che s’ammazzava il maiale era una festa perché se chiamavano tutti li regazzini de lu vicinato, tutti a mangià, poi sempre quattro, cinque ommini che dovevano aiutà, perché ce volevano, doppo se invitava una vicina de casa, una parente (Eligia Testa)

...doppo l’ammazzamento del maiale se faceva la cena tra le donne, pe casa
(Settimia Testa)

...un pranzo se faceva co quelli che te venivano a aiutà a ammazzallo, perché mica la poteva cavà uno, ce volevano più ommini (Lucia Cappelli)

...il pranzo se faceva il giorno in cui se ammazzava il maiale, mentre che lo stavano pelando (Giannina Argenti)

In questa occasione si cucinavano le parti del maiale che dovevano essere consumate per prime come il fegato, le interiora, quelle che non si potevano conservare. Solitamente si faceva la padellaccia ; in una pentola si metteva a cuocere, in abbondante lardo, prima la carne poi le patate.

...era un pranzo proprio bono ; facevi la pasta, le taiatelle, le braciole sulla padella. Oppure la carne proprio che ce se faceva le sarsicce, la tagliavi tutta, poi la mettevi a coce sulla padella co tutti spicchi d’aglio (Eligia Testa)

...lu cenone veniva fatto co le zampette del maiale cucinate insieme al farro. Li regazzini tutti contenti quanno se faceva stu cenone perché quanno che se mangiavano ste zampette ce remaneva l’osso, quello lungo e co quelle ce se facevano le girelle. Veniva fatto un buco al centro poi ce se metteva uno spago doppio : tiravi sto spago e questa girava veloce, e questa la chiamavano la girella (Luca Bertoni)

...il giorno che s’ammazzava se faceva la padellaccia, se pijava là pe dentro un po’ de spuntature, un po’ de carne, se metteva tutto li a sta padellaccia. Perché quanno che se spacca giu la pancia del maiale non è para, allora je se levava una striscia, e più un po’ là dentro, un po’ de carne, un po’ de corata e li polmoni ; ma allora era più bono, più fame forse (Lucia Cappelli)

...quanno che se ammazzava sto maiale che se faceva sto pranzo, je se levava la striscia, quanno che lo paccavano davanti pe esse para la pancetta, je levavano una striscia de sta pancetta. Poi se facevano tutti pezzettini, se mettevano su la padella e s’accondiscevano co le fave o li facioli
(Riccardo Testa)

...quello era bono, se facevano li facioli in umido, oppure la frittata, oppure ritagli de pollo, la stracciatella cioè il brodo con un po’ de pastasciutta, le patate. Mentre che avevano appiccato sto maiale, je levavano un pezzo de spuntatura e ce facevano una bella padellaccia, con quel sugo, con quello strutto che lasciava la padellaccia, ce se cocevano le patate. Le spuntature fatte col sale, pepe e l’aglio, se facevano li scrufoli che sarebbero le castagnole, spesso se facevano (Giannina Argenti)

Dalle interviste è emerso che la carne del maiale allevato in casa era particolarmente saporita, sana e genuina, soprattutto perché i suini, come tutti gli altri animali da allevamento, venivano nutriti con cibi naturali, spesse volte si lasciavano pascolare lungo i prati dei Piani.

...je se dava la crusca, le patate, la semmola, l’ortica battuta, finchè era tempo bono che se trovava je se dava l’ortica, se faceva un pappone co sta roba qui e je se dava. Ma la carne del maiale veniva bona, ma a Castelluccio, sarà perché sta su un altro clima, tutte le cose de Castelluccio sia il formaggio perché è produzione de lì, le lenticchie, insomma qualunque alimentazione, il latte, era tutto diferente da l’altre zone (Matteo Brandimarte)

...ma anche perché al maiale je se davano tutte cose naturali, non je se davano ste cose che je danno oggi, a le mucche je se dava il fieno e poi quanno era primavera annavano al pascolo (Benedetta Brandimarte)

...noi al maiale je davamo la simmola, l’orzo, il granturco pure. Il moco no, non je se dava, quelli facevano crepà. Il moco è quella pallina nera, tante volte su la lenticchia lo trovi, questi facevano crepà, fanno male (Caterina Cappelli)

...però non venivano i maiali grandi come adesso perché non c’era da mangià pe dajelo. Tu pensa se governavano co l’ortica, je se dava un po’ de roveja, il pisello selvatico (Luca Bertoni)

...il moco è una biada pe le bestie, al maiale però non je se dava, il maiale se mangiava la roveja, la semola. Il moco era pe le pecore, agnelli, le vacche
(Mario Coccia)

..un po’ il maiale lo mandavamo pure a pasce, c’era uno prima che portava a spasso li maiali e mangiavano quello che trovavano, li caciommaci, l’erba. Quanno li riportava se magnavano quello che je avevi messo nell’introccata, era tutto naturale (Maddalena Conti)

...al maiale je se dava sti piselli selvatichi, la segola, l’orzo, la crusca, quanno se trovava, che era tempo, je se dava pure l’ortica (Lucia Cappelli)

...al maiale je se dava lo scarto del formaggio, il siero, je se metteva un po’ de farinaccio, na farina de grano però è lo scarto, è come la brusca e un po’ de polenta (Anna Perla)

Molte parti del maiale subivano dei trattamenti per la stagionatura, altre parti dovevano essere subito consumate.

...c’erano delle cose che dovevi mangiare subito, come i sanguinacci, le salsicce di fegato, la coppa (Suor Caterina Corona)

...le prime cose che ce magnavamo del maiale erano li sanguenacci, li sfrizzuli, la sarsiccia, lu fegato, quello che portava addosso, li presciutti mica ce li potevamo mangià. La pancetta la taglievamo a fettine, la prima cosa, ste cose fresche così. Oppure le costarelle no, le costarelle se capavano pe fa le sarsicce, ce rimaneva sempre un po’ de carne (Caterina Cappelli)

...il sanguenaccio veniva mangiato subito in pochi giorni, perché non se manteneva, subito se mangiava il sanguenaccio, e poi un po’ a la vorta se cominciava da principio fino a la fine, doveva bastà fino a la primavera inoltrata (Sirio Coccia)

Con il sangue ed il grasso del maiale venivano fatti i sanguinacci dolci o i farati, i sanguinacci con il farro. Non c’era una ricetta unica da seguire, ogni massaia metteva quello che aveva in casa. A Norcia questo salume si fa tuttora, però salato, dolci e con il farro si facevano solo a Castelluccio.

...col sangue ce facevamo i sanguenacci dolci, mica se sprecava niente, se facevano co lo zucchero, ce mettevamo un po’ de farro pure. Lo zucchero, il sangue, le noci se ce le volevi mette, un po’ de pane, la buccia dell’arancio. Se friggeva sulla padella, era bonissimo ; il farro ce se metteva crudo, dopo questi se facevano coce sul caldaio. Quanno che hai riempito le budella del maiale, dopo questi vanno lessati sul caldaio, poi li appiccavamo su per aria e li facevamo asciugà, e poi dopo uno per volta ce li magnavamo
(Caterina Cappelli)

...facevamo li sanguenacci col sangue, li sanguenacci erano dolci ce mettevamo il zuccaro, le noci dentro, l’uva passa, veniva come un dolce insomma. Se faceva pure col farro, quelli erano li farati, se prendeva il sangue del maiale, col farro, col cioccolato (Benedetta Brandimarte)

...se tagliava un po’ de pane a fettine fine, fine poi se metteva lì dentro a la pentola dove c’era il sangue, se faceva bagnà bene stò pane, se mollava bene, poi ce se metteva lo zuccaro, un po’ de noci tritate, le mele e veniva il sanguenaccio dolce, un po’ de sale e pepe (Erminia Pasqua)

...i sanguenacci, noi dolci, a Norcia no però noi li facevamo dolci. E poi un’altra qualità de sanguinacci col farro, questi col farro, se metteva sempre il sangue del maiale, poi ce se mettevano i ciccetti de, no il grasso, no l’assogna, noi je dicevamo il collaretto, il collare dove stavano li budelli che se tiravano. Se tiravano i budelli e restava questo grasso così e se tagliava tutto a pezzetti. L’assogna è proprio quella che c’hanno li maiali, che sta sui polmoni, sul davanti. Invece il grasso del collaretto, però era bono perché era come limellette, lì in mezzo c’era un po’ de magretto e quello se faceva tutto a pezzetti e poi sulla padella. Allora se prendeva il farro e se metteva a bagno, poi prendevi il finocchio, il sangue e questo grasso. Poi se prendevano li budelli, quelli però un po’ più grossi, li prendevamo pe fa questi de farro, li budelli più piccoli pe fa quelli dolci. E se cocevano sul caldaio coll’acqua, erano boni, ce mettevi il sale, il pepe, il finocchio, questo grasso, il sangue, il farro. Questi te li mangiavi subito, era proprio una colazione, la colazione de quanno se ammazzavano li maiali. Invece quell’altri se mettevano a asciugà, li potevi mangià pure dopo un mese (Eligia Testa)

...si, si, de farre e dorci. A Norcia se fanno però non so come quelli de Castelluccio, perché noialtri ce mettevamo, con quelli dolci ce mettevamo le noci tritate, un bicchiere de vino o che sia stato de marsalla via, e poi ce mettevamo il zucchero, il miele. Ma li facevamo bene, il pane grattato e lo strutto de maiale. Poi misticavi insieme e riempivi questi budelli de maiale, stessi budelli sua, mica se compravano, li puliscevamo, quanno che avevi tolto tutto lo ventrame, li lavavi. Se prendevano li budelli più grossi pe fa li salami, pe fa li farati, li farati so li sanguenacci co lu farro. Ce se metteva farro, strutto, sale, pepe e un po’ de finocchio, poi li facevi bollì dentro un callaro grosso. Poi quanno che s’erano cotti, pressappoco se deve coce il farro, il farro più se coce e più è bono, più s’allarga, tritato, macinato, mica intero. E poi l’affettavamo, li mettevi da un piatto così caldi, erano boni, se li magnavano quattro, cinque persone. E quanno facevi quelli farati era come una festa, invitavi li parenti, qualche vicino. L’assogna sarebbe il grasso del maiale che sta, quando lo apri, sotto li polmoni. Quello se strugge e poi quando dovevi frigge ne pigliavi una fettina grossa veniva bianca, saporita bona, come condimento. Col collaretto invece ce facevi li sanguenacci. Il collaretto se prendeva da le budella, stava addosso le budella, lo sfilavi quando levavi le budella (Maddalena Conti)

...li sanguenacci se facevano col sangue del maiale. Su da noi li facevamo dolci e pure co lo farre. Il farre se coceva, poi lo condivi e poi ce se metteva sto sangue, riempivi sti farati e li bollivi coll’acqua, questi venivano mangiati subito. Questi dolci invece ce mettevi il sangue, un po’ de pane grattato o fatto a fette, poi ce se metteva un po’ d’uva là mezzo, uva secca, poi ce mettevamo lo zuccaro, il miele secondo quello che c’avevi. Addirittura era come se te magnavi un pezzo de cioccolata, più lo acconniscivi più era bono, se c’avevi un po’ de noci ce le mettevi (Lucia Cappelli)

...se facevano dolci, a Castelluccio se usava dolci, ce se mettevano le noci macinate, il miele, lo zuccaro, un po’ de lardelli del maiale, ce se metteva l’assogna, un po’ de cioccolato. Se facevano il giorno stesso, erano un companaio eccellente (Giannina Argenti)

Prima di macellare il maiale occorreva scendere a Norcia a pagare una tassa, svolta questa procedura si poteva iniziare la lavorazione.

...si, se doveva sdazià, se pagava a Norcia, l’inverno co tutta la neve fino al petto, se veniva giù. A venì giù una persona poteva venicce pure co la neve, je passi sopra a la neve, naturalmente non poteva venì a caricasse de roba. Partiva de mattina da Castelluccio, la sera prenottava a Norcia e la mattina dopo tornava su. Era scomodo, che poi adesso la neve non fa più
(Matteo Brandimarte)

...si, si se doveva sdazià questo maiale, e poi l’ammazzavi, sennò veniva su il dazio e te lo bollava. Te faceva un bollo su lo maiale (Maddalena Conti)

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Dott.ssa
Annamaria Onori
 
 
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Lavorazione del maiale
Lavorazione del formaggio

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