CHI

Alimentazione quotidiana e alimentazione festiva a Castelluccio di Norcia
Lavori Agricoli

A primavera, quando la neve cominciava a sciogliersi e le nuvole lasciavano il posto al sole, gli uomini tornavano dalla transumanza. Il paese si risvegliava dal lungo letargo e così la campagna; si dava inizio ai lavori agricoli. A Castelluccio si coltivava tutto ciò che serviva alle famiglie e per l’allevamento delle bestie: il grano, che si portava a macinare e che serviva alle donne per fare il pane in casa, il farro, la lenticchia, la roveglia, il moco.

...prima se coltivava la roveja che sono i piselli selvatici, c’erano le patate, se facevano l’orti, su da noi ce venivano certe fragole, così grosse, belle. Ce mettevi l’insalata, li piselli, li fagiolini ce venivano su da noi perché se seminava, le vecchie lo facevano questo, doppo noi giovani non imo continuato a falli (Miranda Coccia)

...la lenticchia, li mochi, la roveja, il grano, la segola, le patate, il farro. Era un lavoro pesante adesso so tutte macchine (Maddalena Conti)

...si, lo grano se coltivava lì, lo grano e la segola (Luca Bertoni)

...l’orzo, il farro, la lenticchia lo coltivavamo noi, non se comprava niente, tutto il grano, nero com’era, più segola che grano, però veniva la farina da questo qui, come facevi a comprà che non c’erano i sordi (Giannina Argenti)

...sementiamo pure le patate, ne facevamo sette, otto, dieci, quindici quintali, su una casa, doppo se pigliava pure mezzo quintale de castagne. Se mettevano a bagno nell’acqua per otto giorni, poi se facevano asciugà e se mantenevano per tutto l’inverno. Se compravano a Arquata, a Ascoli, se faceva a scambio non so te do tre chili de lenticchia e tu damme le castagne (Caterina Cappelli)

La farina per il pane e quella per la polenta, da quanto è emerso dalle interviste, erano indispensabili per il fabbisogno alimentare delle famiglie, se ne facevano grandi scorte. Il grano si portava a macinare nelle Marche nei mulini a pietra.

...la farina se portava a macinà co le bestie, co li muli, se caricava e se portava là. Se pagava, non me lo ricordo se quanto. E quanno che li pastori annavano pe la maggior parte giù le Maremme e la famiglia restava a Castelluccio, allora prima de partì, quello che era proprio necessario, urgente, dovevano procurà la polenta e la farina. Procurato questo, se doppo li la casa non ce stia niente altro da mangià, s’arrangiavano loro. Però la polenta e la farina.... Tu pensa che quanno un giovane doveva da sposà, lu padre della sposa je diceva "tu te prendi lu tale, ma lì la casa de lu tale, la farina lì a l’arcone non ce stà". L’arcone era un cassone grosso dove se metteva la farina. Se non tenevi la farina nell’arcone eri un povero, eri uno che non poteva dà da mangià alla famiglia perché senza la farina che je davi ?
(Luca Bertoni)

I lavori agricoli erano svolti sia dagli uomini che dalle donne, tutti a mano o con le bestie, senza l’aiuto di macchine agricole. Non c’era un momento preciso per l’inizio dei lavori agricoli, l’aratura e la semina avvenivano non appena che il manto nevoso sui campi si era dissolto, comunque di norma cominciavano con i primi caldi.

...coltivavamo la lenticchia, ma te rendi conto che partivamo a le tre de notte da Castelluccio e arrivavamo là, sotto le sciovie, là la Dogana, ma a piedi, mica c’avevi le macchine. Arrivavi là lo campo, era pure freddo, e quanno arrivavi là era pure giorno (Lucia Cappelli)

...come lavori prima de tutto se stabbiavano le patate, co le bigonze, se pijava l’asino, pijavi il letame là la stalla e annavi a stabbià tutte le patate, questo prima che l’ommini tornassero dalla Maremma. Seminavamo co la zappa, facevamo la maggese, poi seminavi le patate. Poi veniva la lenticchia, seminavi la lenticchia, poi annavi a scramiccià col crastello, perché se non avevi spianato bene. Poi se annava giù al bosco a fa la provvista de legna pe l’inverno. Poi doppo veniva il fieno, questo era lavoro soprattutto di donne, se faceva il fieno col crastello a mano, poi se facevano le reti, de corda, se metteva sta rete per terra, poi se metteva tutto fieno messo bene, se stringeva la rete. Veniva come li rotoli che adesso se vedono, però tutti fatti a mano (Giannina Argenti)

A fine luglio o nella prima metà di agosto si procedeva alla carpitura della lenticchia. Anche questo lavoro era svolto interamente a mano poiché la pianta era bassa e molti terreni sassosi.

...l’operai se mettevano pe mete il grano, pe la lenticchia no niente, tutte le donne de Castelluccio, pochi ommini. Annavi giù all’alba, appena giorno, coll’asino, coi tascapani e tornavi a casa alle nove de sera (Giannina Argenti)

...la lenticchia se carpe co le mano, tuttora, verso luglio o agosto, questi so li periodi, dipende dal tempo (Maddalena Conti)

...prima la lenticchia l’annavamo a carpì tutta a mano, a luglio, agosto. Tutto a mano, ce stavamo le settimane giù al piano, quanno te alzavi su c’avevi tutti l’occhi gonfi, perché tutto il giorno. Invece oggi passano co le macchine che te la battono e puliscono tutto insieme, invece allora a carpì a fa i mucchietti, poi dopo se annava co le mucche, co l’aratro, poi se caricava tutto su la barrozza (Matteo Brandimarte)

...prima, la lenticchia, se carpiva tutta a mano, poi se portava tutta giù all’aia e se metteva tutta per terra. In tempo, in tempo de prima se pentecavano due bastoni con un laccio, allora uno lo tenevi e l’altro facevi così e la battevi, la battevi. E poi doppo je se capava la paglia, la mannavi su e il vento portava via la cama, la pula. E la lenticchia rimaneva lì al cantile, poi se raccoglieva sui sacchi e te la portavi a casa. Questi due bastoni legati assieme se chiamavano i mezzafrusti. Facevamo noi, non se chiamavano gli operai, tutto noi ; poi dopo uguale col grano, non venivano le trebbie ancora quanno ero signorina io, le trebbie non venivano. Altrettanto se faceva col grano, il grano dai campi se portava giu l’aie, giù in mezzo al piano. Co le mucche, co li carri, le barrozze noi je dicevamo, era un carro, a dialetto la barrozza. E se faceva questa montagna de grano, se caricava ste mannocchie de grano, quelle venivano i mietitori a falle ; facevano tutti fascetti così legati, poi dopo li caricavi lì e li portavi a scaricà giù al piano. Uguale, invece da trebbiallo, se mettevano tutti dritti così, tutti intorno, intorno. Uguale co le bestie, e io sempre là sopra, me dava un urto che papà me faceva sempre regge sti muli, e gira, e gira. Prima la lenticchia co li bastoni, invece questa co li muli e gira, e pista, pista. E quanno all’ultimo se cominciava a capà la prima paglia, la rigiravi in quell’altro verso. E poi rimettevi là sopra li muli, e uguale recapavi la paglia e poi rimettevi sopra la mula. Facevi un cantile grande lì in mezzo, poi col vento mannavi per aria e la pula annava via. Il grano pesava e la pula niente, allora te mettevi a controvento, la pula te la portava là e il resto te lo lasciava lì (Eligia Testa)

...noi ce l’avevamo i campi, la lavoravamo noi la lenticchia. Se carpe co le mano e fai tutti mucchietti, dopo se asciuga poi la mettevi sopra li carri tirati da le vacche e la portavi giù a l’ara. La portavi giù co li barrozzi, lì la battevi co li mazzafrusti che so due bastoni, la battevi giù per terra, quanno che je levavi tutta la cama, la scamavi e la lenta remaneva per terra. In mezzo a la lenticchia ce stava tutto, li mochi, dopo tu la dovevi divide, da recapà tutto a mano (Maddalena Conti)

...poi se carpiva la lenticchia tutta a mano, poi se portava giù l’aia, se facevano tutti mucchietti. Se metteva la lenticchia per terra e se facevano le trite, co i cavalli che passavano sopra, se batteva, dopo co le forcine se alzava la paglia e sotto rimaneva il seme, poi il vento portava via la cama. Poi se passava col corvello che c’ha le sfessure dove passa la lenticchia, quella più piccola, quella più grande perché le sfessure misurano un millimetro, due millimetri eccetera (Giannina Argenti)

La lavorazione della lenticchia era svolta dai soli abitanti di Castelluccio, sia uomini che donne, per la mietitura del grano si assumevano degli operai che venivano dalle Marche : per questi era l’ultimo lavoro stagionale prima del rientro a casa. Anche la lavorazione del grano era svolta interamente a mano con il solo aiuto dei cavalli.

...allora il grano se batteva co li cavalli, no co le trebbie. Se faceva tutta una cosa rotonda, ce se metteva il grano li tutto in piedi, e poi sti cavalli giravano attorno. Poi lo rigiravi , una volta o due finchè il grano era cascato tutto dalla paglia, e poi col vento co la pala se scioglieva il grano, se recapava il grano
(Sirio Coccia)

...questi erano tutti operai che annavano a fare la stagione, cominciavano giù le Maremme e mano, mano venivano verso Ascoli, perché se alzava l’altitudine, però se avvicinava l’estate. E quindi venivano a Castelluccio pe la mietitura, e era l’ultimo lavoro prima de tornà a casa (Mario Coccia)

...venivano i marchigiani, iniziavano a lavorà giu le Maremme, poi a Norcia, l’ultima tappa era lu Castelluccio, perché era l’ultimo posto dove se maturava il grano, è più alto, è più freddo, se maturava ultimo lu grano a Castelluccio. A le Maremme de maggio, de giugno, e poi lavoravano qui a Norcia a luglio e poi salivano a Castelluccio a la fine de luglio e la fine d’agosto, era l’ultimo lavoro prima de annà a casa, pe sto operai (Sirio Coccia)

...se prendevano l’operai a fargià, a mete, a batte, venivano da Ascoli (Caterina Cappelli)

...per la mietitura se chiamavano parecchi operai, mietitori, che stavano giù al
campo a mete (Erminia Pasqua)

...li metitori venivano a mete il grano e noi facevamo la lenticchia, se faceva tutta a mano, annavi a quell’ora de mattina e rientravi alle nove de sera. Te dovevi da portà pure lu cappotto, e eravamo a luglio, agosto (Lucia Cappelli)

...l’operai venivano da le parti de Ascoli, però solo a mete, niente più
(Maddalena Conti)

...pe lavorà la lenticchia venivano tanti operai dalla parte de Ascoli perché la c’era più miseria. Castelluccio non era un paese miserabile, allora pure da sti paesetti venivano su a fargià la lenticchia, perché allora se faceva tutto a mano, il grano tutto. La mattina annavi giù la piazza, li trovavi. Allora se pagava poco, a parte che li sordi non se trovavano, però chi aveva bisogno, visto, tanti annavano all’estero. Allora quelli, seppure li trovavi verso le quattro, le cinque dicevi "ce vai a lavorà ? Te passo la cena", loro ce andavano perché avevano bisogno, era un periodo brutto a tempo de guerra. Se avevano pattuito col padrone co li sordi, je dava li sordi perché Castelluccio mangiava così però non era un paese miserabile (Anna Perla)

...venivano i mietitori, tanti, de fuori, le squadre proprio de li mietitori. Venivano tutti dalle Marche, de verso Ascoli (Eligia Testa)

Dalle interviste si può notare che nonostante la fatica la mietitura è ricordata come un periodo di gioia, di festa, un momento in cui stare tutti insieme dopo la lunga separazione invernale. Gli operai assunti sapevano suonare e cantare, con loro portavano sempre degli strumenti musicali come la fisarmonica.

...poi se portavano l’organetti e la sera quanno ritornavano, mentre che aspettavano che la cena era pronta, se mettevano a sonà, a cantà le serenate. Facevano un’allegria che non te dico (Erminia Pasqua)

...era festa quanno venivano sti operai, era qualcosa de diverso, quanno che la sera se smetteva da mete, tutti se retornava verso il paese, tutti organetti era una festa a vedè tutta sta gente (Sirio Coccia)

...poi se portavano l’organetto, era festa quanno che venivano, era festa co loro perché loro, ogni squadra, ogni dieci, uno se portava l’organetto. Poi la sera sonavano, mangiavano, sonavano, non è che annavamo a ballà noi, però sonavano tra loro. E allora pel paese era un’allegria (Eligia Testa)

...era una festa la sera co l’organetti, li canti, li soni. Je passavamo da dormì giù le cascine mica su le case, je passavamo pure da mangià
(Maddalena Conti)

...l’operai venivano da Ascoli, da Piedilama, da le Marche, era festa se portavano l’organetto, sonavano la sera perché se facevano dormì su le stalle, su le cascine che erano piene de fieno, stavano lì al paese (Riccardo Testa)

Durante i lavori agricoli, solitamente i pasti, preparati dalla padrona del campo e trasportati dalle donne venivano consumati, tutti insieme, in mezzo ai campi.

...a sti mietitori era la padrona del campo che je preparava da mangià, il giorno je se portava da mangià giù, in campagna. Je lo portavamo noi, ce mandavano a noi, le figlie, le mamme. Ma in tempo dell’aia, quanno che se faceva l’aia, se annava giù co le canestre, se metteva tutto il mangià, su la canestra. Se metteva in testa, poi noi c’avevamo quelli asciugamani grandi, quelli fatti sul telaio, co li merletti. Ce se coprivano le canestre, su la testa e se portava fino giù al piano. Questo se faceva quanno che se batteva, che se facevano ste cose del grano, della lenticchia, quello che era (Eligia Testa)

...la mietitura, la battitura se faceva tutta a mano, allora te portavano su lu pranzo. Allora con un pezzo de stoffa, la donna se faceva una roccia, che se metteva in testa pe portà sta cesta co lo mangià. Se portava la pasta fatta in casa, ce usava il baccalà co le patate, venivano suppergiù sempre li stessi cibi (Rosi Testa)

...je se preparava la cena, la minestra co le lenticchie, li fagioli, una volta la pastasciutta, la ricotta, lu formaggio, la sarsiccia, lu prociutto, quello che c’era. Alloggiavano giù le cascine, noi je passavamo da mangià, da dormì e in più li pagavamo. E je se portava il pranzo al campo. Co la canestra, un bel cesto co li piatti, la minestra, se portava da beve, tutto. Non tutti je facevano sto pranzo, altri je facevano la taschetta, il pane asciutto, pranzo al sacco era chiamato (Erminia Pasqua)

...l’ommini andavano in campagna, je se metteva su il tascapà, se metteva dentro il pane, l’affettato, era tipo queste borse de jinse, però erano color verde, a tracollo e lì ce mettevamo il pane coll’affettato, il formaggio, una bottiglia de vino, e il pranzo era quello (Caterina Cappelli)

Dal contenuto delle interviste si rileva che nel corso dei lavori della mietitura i pasti erano più sostanziosi, più abbondanti del solito, questo è anche il periodo in cui si mangia più spesso il maiale, conservato nelle cantine per questa occasione.

...se c’avevi una persona, cercavi sempre de, magari il giorno dopo te magnavi pane e sale, però quanno che tu c’avevi l’operai cercavi sempre de accontentalli. Perché se cercava de falli mangià bene ; venivano tutti da le parti de Ascoli, alcuni pure dalle zone nostre (Settimia Testa)

...per lo più se magnavano lu baccalà, la pasta fatta a casa, li taccozzi, baccalà, sardella. Per esempio prima le alici e lu baccalà erano lo pasto de li poveracci, mo è lo pasto de li signori perché costano più della carne
(Caterina Cappelli)

...je passavamo da mangià e pure li sordi, je davi da mangià senno come facevano a lavorà. Il maiale se manteneva pure pe sti operai, se doveva pensà pure pe quei giorni che c’era la mietitura, mangiavano bene, allora l’appetito c’era non è che stavi a guardà quello che c’era o non c’era (Sirio Coccia)

....quanno se lavorava la lenticchia se mangiava sul campo. Funzionava che tu la mattina come minimo dovevi fa due, tre chilometri. C’erano come bauletti, come cupelle de acqua, un pochetto d’aceto perché era legno, sennò pijava de cattivo, quell’ombrelloni grossi. Eppoi se stavi vicino a na fontana, magnavi lì e era già una festa, sennò te mettevi in mezzo al terreno, mica ce stanno le piante, aprivi l’ombrellone quello grande. Bagnavi il pane e ce mettevi olio, sale e aceto, la panzanella, perché dissetava ma anche perché t’aiutava a mangià, perché non è che magnavi la pastasciutta, la minestra. Stavi in campagna portavi il pane asciutto, il pane asciutto se indurisce e allora...Eppoi sennò prosciutto, formaggio, ricotta, alici, dopo so venute pure le scatolette. Ognuno se portava il suo magnà non erano quelle ziende grosse. Dopo se portava da mangià a questi operai, je portavi, il giorno un po’ de minestra, un po’ de formaggio, il pane ; noi donne lo portavamo (Anna Perla)

...ricordandomi, io allora ero ragazzetto, magnavano sempre in mezzo al campo, diciamo che la colazione la portava mi madre, je aiutava papà, noi altri che eravamo regazzini. Lei sempre co na canestra su la testa, portava sta colazione, il pranzo lo stesso, poi la merenda ce stava. Se facevano, non so, il pollo in umido, il baccalà, allora il baccalà costava poco, oppure la minestra coi facioli, oppure la pastasciutta, ste cose qua. Se mangiava tutti insieme sul campo, doppo la sera se magnava, se era tempo bono, se magnava diciamo sull’aia, oppure se magnava dentro casa ( Americo Salvucci )

Nel corso dei lavori agricoli si intonavano dei canti, quasi sempre rivolti alla padrona del campo. Erano canti a "patocco", con riferimento al battaglio della campana, infatti i cantanti impegnati nell’esecuzione musicale si alternavano in proposte e risposte. Dalle interviste si deduce che anche questi momenti sono ricordati con nostalgia perché erano delle occasioni di incontro e di svago.


...sti mietitori che cantavano pure durante la mietitura del grano, il giorno, diciamo che cantavano il canto a patocco, che uno cantava e l’altro je responneva, insomma ste cose qui, io me le ricordo ero ragazzo, te parlo de cinquant’anni fa. Non so cantavano :

E questo è lo grano de la pelarella,
lo grano è brutto e la padrona è bella.

E quell’altro je risponneva :

Questo è lo grano de la pela pela,
lo grano è brutto, la padrona è nera.

(Americo Salvucci)

...facevano i canti a le donne che portavano da mangià :

e questo è lu campo de la pelarella
lu campo è brutto
la padrona è bella

ossia :

su Vetore ce tira lu vento
c’è un giovanotto che me piace tanto
quel vecchio de papà non è contento

la sera era na festa quanno se retornava a casa tutti insieme, se staccava, lungo la strada se cantava, se raccontava. Li giovanotti cercavano de accompagnà le signorine perché la strada era lunga dal piano pe arrivà a Castelluccio (Anna Perla)

Torna sù
Dott.ssa
Annamaria Onori
 
 
Copyright - info@norcia.net -
Il presente materiale è rilasciato in rete dalla Coop. A.dei.S. La presente relazione, coperta dalle leggi sulle opere intelletuali, è depositata e protocollata presso l'E.P.N.M.S. La Coop. A.dei.S. acconsente all'uso totale o parziale della relazione a studenti e appassionati per opere senza scopo di lucro, tutte le altre figure che vogliono utilizzare il testo devono richiedere autorizzazione alla Coop. stessa.

Lavori agricoli