CHI

Alimentazione quotidiana e alimentazione festiva a Castelluccio di Norcia
Transumanza

In autunno, verso ottobre, novembre, gli uomini del paese partivano per la transumanza. Si percorrevano a piedi diverse centinaia di chilometri, lungo i tratturi, per giungere nella Maremma Toscana o nell’Agro Laziale. Iniziava il lungo periodo di separazione fra i vari componenti della famiglia : il ritorno avveniva in primavera, verso maggio, giugno e coincideva con l’inizio dei lavori agricoli. Nella transumanza esistevano delle gerarchie, dei gradi come nell’esercito, ognuno aveva una sua mansione da svolgere. Si lavoravano a mano ricotta e pecorino : tutto formaggio di latte di pecora.

...li pastori partivano a settembre, ottobre pe le Maremme, se stava lontani, e rivenivano a giugno (Benedetta Brandimarte)

...le donne le lasciavamo nove mesi sole, annavamo giù le Maremme, stavamo co le pecore (Sirio Coccia)

...li mestieri l’ho fatti tutti, pure ce so stato giù pe la Maremma ; se partiva d’ottobre e se ritornava de giugno. Se diceva "arrivederci al nostro ritorno, prima de luglio, per San Giovanni" (Luca Bertoni)

...per la transumanza se partiva a ottobre e se retornava verso il venti giugno, non solo se partiva ma se andava direttamente a piedi, non è che se annava col treno, sulla ferrovia, allora se faceva la Valnerina di Terni, Narni, giù
(Rosi Testa)

...se partiva de ottobre e se reveniva a giugno, qualcuno poi riveniva pure d’aprile, de maggio ma la transumanza era de giugno, e venivano ste masserizie pe strada a piedi, su i tratturi, erano li massari che portavano ste bestie (Riccardo Testa)

...i maschi della mia famiglia erano pastori di pecore e vacche, contadini. Facevano la transumagna, partivano a ottobre e ritornavano a marzo
(Anna Perla)

I pastori con la masseria partivano a piedi, lungo i tratturi, percorrendo centinaia di chilometri.

...s’arrivava persino nella Maremma Toscana, anche nelle parti di Roma. Dopo in seguito se andava col treno (Rosi Testa)

..annavano verso Terni dove trovavano la pastura, erano transumagni perciò dove trovavano la pastura, verso Terni, Tarquinia, Foligno (Anna Perla)

Per diversi mesi all’anno le famiglie erano divise, anche nel corso delle grandi ricorrenze religiose come il Natale. Fino a qualche anno fa, le donne che rimanevano al paese erano affidate agli uomini che non partivano per la Maremma e cioè ai suoceri e al parroco del paese. L’unico mezzo di comunicazione fra i componenti della famiglia era la posta.

...succedeva che po darsi te sposavi oggi e domani dovevi partì per la transumagna. E queste donne se lasciavano al prete, perché il prete sapeva legge, perché durante la messa je predicava, je urlava. S’annava avanti co la posta, co le lettere, tu partivi pe nove mesi, non è che dicevi ritorno per Natale, per Carnevale. Stavi fori tutto quel tempo, non è che ce stavano le macchine
(Rosi Testa)

...mio marito faceva il pastore, partiva per la transumanza, a ottobre. Doppo io, quanno che c’avevamo le figlie, restavo su l’inverno, co due figlie, una stalla de bestie da accudì, tutta la casa e stavo da sola. Il formaggio lo facevo io, io de formaggio ne ho fatto tanto, perché doppo co le pecore allora facevi le forme grosse de formaggio (Eligia Testa)

....le donne da ottobre a marzo stavano sole, le donne, i bambini e il prete, tutto lì. Non era bello, dopo degli anni sessanta andavamo anche noi. Dopo che se partiva allora era la famiglia unita. Ma quelli prima del cinquanta, c’erano anche de li pastori che partivano a settembre e ritornavano a giugno, e quelle famiglie stavano così, isolate (Anna Perla)

Da quello che è emerso dalle interviste fare il pastore era un mestiere difficile e poco retribuito, la paga consisteva in qualche lira ed in qualche cosa da mangiare.

...le pecore ce sò stato poco, però ho visto tutto quanto come era il lavoro laggiù. Tu pensa che a quell’epoca a li pastori je passava, lu padrone, cento lire al mese, poi je passava da mangià. Da mangià era un chilo de pane, lu sale a soddisfazione, una cucchiara de olio e basta. Questo era d’estate quassù ( a Castelluccio), d’inverno giù ( alla Maremma) oltre a lu pane je passava la ricotta, pasta e facioli, oppure la polenta la mattina, pasta e facioli a la sera e lu giorno un chilo de pane, lo passava lu padrone. Doppo pe le feste, Natale, Capodanno, lu padrone ce dava, non so se mezzo chilo de ventresca, che è la pitturina del maiale. Ce dava un litro o due de vino e basta, quello erano le feste (Luca Bertoni)

Nella masseria ogni uomo aveva un suo compito da svolgere, c’erano delle gerarchie da rispettare proprio come nell’esercito.

...facevano lu latte, la ricotta ; poi ogni quattro giorni sia la ricotta che lo formaggio veniva caricato su un carretto grande co li cestoni, ogni carretto c’erano quattro cestoni. E lì mettevano lo formaggio e la ricotta e partia questo carretto tirato da quattro muli, che se li vedessi erano sette bellezze, co trecento bronzine, quelle che sonano. Quei muli tutti attrezzati de finimenti, messi veramente bene, che quanno camminavano era na festa, tutte quelle moresche. Annava a Roma e portava sto formaggio lì a li negozi dove lo vendevano, e poi al ritorno reportava lo pane. Esto che faceva stu lavoro lo chiamavano lu buttero, perché lì pure c’erano li gradi, come sull’esercito. Prima de tutto ce stava lu vergaro, poi venivano li bagaglioni, cioè quelli che faciano il servizio pe annà a Roma, pe fa la legna, pe fa li lavori che ce serviva, poi c’era lu caciere, quello che faceva lu formaggio. Poi c’erano i pastori, poi c’erano li biscini, che erano i ragazzi che dovevano lavà la callaia, fa lo foco, fa le pulizie. Poi c’era l’agnellaro, lu montanaro. Ognuno cia lu compito sua (Luca Bertoni)

...la pastorizia è come quando vai sotto l’arme. Questo era lu mestiere nostro, lì se tu lo facevi, perché volevi continuà, appena se entrava da regazzetto eri chiamato biscino, per tre anni te lo facevano repete come una scuola. Passati questi tre anni, aveva fatta la sua carriera da biscino, allora diventava pastore, allora poteva comincià a munge le pecore, perché non è facile munge le pecore. Da fijo se imparano ste cose, però fino a tre anni non te ce facevano annà, perché non c’avevi la forza, doppo sti tre anni diventavi pastore e cominciavi a munge. Dopo tre, quattro anni che tu cominciavi a munge, se tu volevi andà a Roma a fa lu pizzicarolo, allora non me interessa le pecore. Se invece continuavi da pastore diventavi buttero, quello che portava il formaggio a le caciare. Allora stu buttero partiva da qui e arrivava a Scheggino, ce se portava co lu cavallo, col carretto. Un giorno si e un giorno no. Caricavano due quintali, due quintali e mezzo in questa caciara, poi s’annava all’osteria a stuzzicà insieme. Dopo, fatto qualche anno sto buttero, sempre se volevi continuare, diventavi vergaro, che era quello che comandava li dieci, quindici
ommini, tutto sto personale. Diventava come na specie de padrone, comandava li pastori però anche lui doveva stà sotto de quell’altri, de lu ministro, li conti, li marchesi, gente che c’aveva dodicimila, quindicimila pecore (Rosi Testa)

...giù le Maremme, per esempio, a la mattina c’era l’addetto a la polenta. Lì c’erano li gradi, c’era il biscino era l’ultimo grado, c’era il vergaro che era lu capo. Poi c’era il buttaro, caciero, capo branco, agnellaro, montonaio. Doppo c’era il cavallaro, il mularo, il vaccaro perché lì s’era tutto compreso de le bestie. C’erano i maiali, le pecore, le vacche, le galline, li muli. Il buttaro era quello che caricava la merce, formaggi, ricotta e che lo portava a la caciara. Doppo un grado pure elevato ce l’aveva l’agnellaro, quello che allevava l’agnelli pe rinnovà le pecore (Riccardo Testa)

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Dott.ssa
Annamaria Onori
 
 
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