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La lenticchia di Castelluccio di Norcia
Relazione sulle attività agricole a Castelluccio

Gli studi ed i monitoraggi sono stati effettuati nel bacino di Castelluccio di Norcia, precisamente nell’area di maggiore interesse agricolo e pastorale, delimitata: a Nord dal confine con la Provincia di Macerata, nelle immediate vicinanze di Colle Tamburo, ad est con la costa di Monte Vettore per il Pian Grande e con Macchia Cavaliera per il Pian Piccolo, a Sud con le coste di Collina Carbonara e il confine con la Provincia di Ascoli Piceno, a Ovest con la retta formata da Monte Castello, Poggio di Croce e Monte Veletta, compresa nell’analisi anche tutta la Val di Canatra. All’interno della suddetta area la zona che risulta maggiormente coltivata è quella che si estende dalle coste del Colle di Castelluccio e ruotando verso Est arriva fino alle pendici di Monte Vettore. La coltura prevalente è quella, come già noto, della lenticchia - Lens culinaris Medikus - una delle più antiche piante alimentari che l’uomo ha conosciuto, originatasi nella regione medio-orientale della Mezzaluna Fertile, agli albori della civiltà agricola, e diffusasi poi in tutto il mondo.Si presenta come una pianta alta dai 25 ai 40 cm, gracile, il suo ciclo biologico è annuale, il portamento è ramificato e semiprostrato, con radice fittonante dotata di numerose radici fibrose laterali.La varietà coltivata nella zona è un ecotipo denominato “lenticchia di Castelluccio di Norcia”, le cui caratteristiche principali sono l’alta resistenza al freddo ed alla siccità, dovute anche al suo breve ciclo biologico che va da fine Aprile (semina) a inizio Agosto (raccolta). Altre singolari peculiarità sono anche un seme microsperma ad alto valore alimentare, e residui pagliosi post-raccolta ad ottimo valore foraggiero, preziosi per gli animali domestici allevati nel bacino.Da segnalare è una proprietà che caratterizza il territorio in analisi,ovvero l’alta percentuale di calcare nel terreno che, al contrario di quanto generalmente attestato dai più comuni criteri agronomici, qui è una delle condizioni indispensabili per l’ecotipo in questione, difatti insieme ad altre concause, tra cui l’altitudine, questo dona proprietà organolettiche uniche alla varità.C’è da specificare inoltre che, data la natura sedimentaria del bacino, vi sono alte variazioni nella percentuale di calcare tra i vari appezzamenti coltivati, anche confinanti tra di loro.I terreni con alta percentuale di calcare vengono solitamente destinati alla coltivazione di piante da seme, in quanto forniscono una granella con cotiledoni talmente coriacei da essere inutilizzabile in campo culinario, ma eccellente per lo stoccaggio, tanto da garantire durante l’immagazzinamento l’inattaccabilità della stessa da parte di parassiti, come a titolo di esempio le larve del lepidottero “Etielle zinckenella”.
Tra i terreni con alta percentuale di calcare e quelli con percentuale nella media viene effettuata una diversa rotazione colturale, possiamo in sintesi cosi illustrare due rotazioni tipo:
  • Terreni con alta percentuale di calcare

ANNO AGRARIO CICLO BIOLOGICO COLTURA

1°Anno da ca. fine Aprile a ca. inizi Agosto Lenticchia da rinnovo
1°Anno da ca. inizi Settembre Cereale (semina) depauperante
2°Anno a ca. inizi Settembre Cereale (raccolta) depauperante
2°Anno da ca. inizi Ottobre Incolto maggese
3°Anno a ca. Aprile Incolto maggese
3°Anno da ca. inizio Maggio Lupinella (semina) miglioratrice
4°Anno a ca. inizio Maggio Lupinella (raccolto) miglioratrice
5°Anno a ca. inizio Maggio Lupinella (raccolto) miglioratrice
6°Anno da ca. fine Aprile a ca. inizi Agosto Lenticchia da rinnovo
  • Terreni con percentuale di calcare nella media

ANNO AGRARIO CICLO BIOLOGICO COLTURA

1°Anno da ca. fine Aprile a ca. inizi Agosto Lenticchia da rinnovo
2°Anno da ca. fine Aprile a ca. inizi Agosto Lenticchia da rinnovo
2°Anno da ca. inizi Settenbre Cereale (semina) depauperante
3°Anno a ca. inizio Settembre Cereale (raccolta) depauperante

4°Anno da ca. fine Aprile a ca. inizi Agosto Lenticchia da rinnovo

In quest’ultimo caso a volte la rotazione colturale può prevedere la Lupinella e diviene:

Lenticchia - Lenticchia - Cereale - Cereale - Lupinella - Lupinella - Lupinella - Lenticchia.

Il ciclo produttivo della Lenticchia di Castelluccio di Norcia, è costituito da determinate pratiche agronomiche, dettate anche dal particolare microclima, costituitosi in relazione all’ubicazione e alla morfologia del territorio stesso; dette pratiche si suddividono in:
1) Lavorazioni pre-semina, aratura non molto profonda (25-30 cm) ed erpicatura.
2) Semina, che viene effettuata, solitamente, nella seconda meta di Aprile, in file
distanti tra loro 20-25 cm, e ad una profondità media di 5 cm.
3) Lavorazione post-semina, rullatura, questa operazione viene eseguita con particolare
attenzione, in quanto la perfetta livellazione del terreno, favorisce un’agevole raccolta
meccanica, che risulterebbe altrimenti difficile data la scarsa altezza delle piante.
4) Raccolta, effettuata, solitamente, entro la prima meta di Agosto, questa segue
determinate fasi:
uno sfalcio con macchinari leggeri, possibilmente a pianta asciutta, per evitare l’allettamento delle piante; ranghinatura effettuata esclusivamente con ranghinatori a pettine, data la delicatezza delle piante e dei baccelli, che altrimenti potrebbero aprirsi in questa fase disperdendo la maggior parte del prodotto; una volta formate le file si esegue una particolare operazione manuale, si dividono le file precostituite in tanti mucchietti ravvicinati tra loro, questo consente un particolare asciugatura, detta asciugatura lenta, che non permette ai raggi solari, molto forti a queste altitudini, di intaccare i baccelli e quindi la granella, “si presuppone che questo tipo di pratica, influenzi la particolare pigmentazione della lenticchia di Castelluccio”. Dopo un accurato periodo di asciugatura, monitorato con un curioso metodo locale, che consiste nel testare la consistenza del seme tra i denti, i semi vengono divisi dai residui pagliosi tramite trebbie, alcuni agricoltori utilizzano ancora vecchie trebbie con battitori molto lenti, che data la minore velocità di rotazione permettono una maggiore pulitura del prodotto ed una minore rottura del seme.Tutte le colture praticate nei terreni coltivati sono colture non irrigue e la concimazione viene effettuata esclusivamente con letame, che assicura un miglioramento delle proprietà fisico-chimiche e microbiologiche del terreno, aumentandone anche la sofficità e l’areazione, da questo ne trae maggior vantaggio l’assorbimento radicale. Alla lenticchia vengono alternati in rotazione vari tipi di cereali, quali: farro (Triticum dicoccum), segale (Secale cereale) e orzo distico (Hordeum disticum), che per le loro caratteristiche fisiche ben si adattano al tipo di clima. Volendo poi spostare la nostra attenzione sui terreni lasciati a pascolo, Castelluccio ci riserva altre particolarità, inanzitutto i pascoli sono ad alta resa, tanto che gli agricoltori riescono, nel Pian Grande e nel Pian Piccolo, a fare uno sfalcio per la produzione di fieno, anche essendo pascoli naturali, e inoltre dopo la raccolta, fino alla semina successiva, una vasta zona del bacino viene lasciata a pascolo libero, pratica denominata dagli abitanti del posto “la rotta”. Le essenze naturali presenti in maggior percentuale nei pascoli sono loglietto selvatico (Lolium perenne), ginestrino (Lotus corniculatus), trifoglio bianco (Trifolium repens) e lupinella selvatica (Onobrychis viciifolia), essenze che oltre ad essere caratterizzate da un buon valore nutritivo, in questi luoghi sono partecipi, insieme ad altre piante spontanee, della famosa “fiorita” del piano.
Tali caratteristiche dei pascoli sono sicuramente influenzate dall’alta umidità relativa, conferita alla zona sia dalla conformazione carsica, che dalla presenza dei “mergani”.
Si può quindi in conclusione asserire che; dato il clima e le caratteristiche fisico chimiche del terreno, lo sfruttamento del territorio con il miglior rapporto “rispetto ambientale - redditività” è quello che gli abitanti di Castelluccio portano e hanno portato avanti per secoli, regalandoci così, quel microcosmo unico che è il bacino del Piano. L’unica osservazione che da tecnici ed amanti dell’ambiente ci sentiamo di sollevare, è la carenza di strutture per la conservazione inalterata e sicura di questo patrimonio, quali ad esempio: in primo luogo una banca del seme, sia per la lenticchia che per quante più specie spontanee possibili; un monitoraggio costante della microfauna presente, tale da prevenire un’eventuale prevaricazione di una specie su un’altra, fenomeno che potrebbe portare squilibri sostanziali; una attenta regolamentazione e incentivazione di tutte le attività turistiche e sportive svolte nell’area.

Coop.A.dei.S.

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